Il paesaggio urbano come bene culturale. Il dibattito in Italia e in Francia 1945-2015 Elena Greco

Ateneo
Politecnico di Torino

La tesi sostenuta dalla ricerca è che il Paesaggio Urbano sia un Bene Culturale, parte costituente del patrimonio della città, la cui tutela e valorizzazione sono di interesse collettivo.

Motivazione di partenza è l’aver osservato che nel dibattito pubblico contemporaneo, nonché in quello accademico, non esista ad oggi una definizione condivisa di “paesaggio urbano”, locuzione che, al contrario, appare oggetto di una moltiplicazione semantica.

Oggi tuttavia la nozione ricopre una particolare centralità nell’ambito della conservazione urbana poiché, nel contesto della competizione internazionale tra territori, si assiste a processi contradditori di valorizzazione delle identità locali e di progressiva omologazione dei paesaggi urbani. Se su questi processi la letteratura esistente è molto ampia, essa registra un notevole ritardo delle discipline della storia dell’architettura e della città, nonché del restauro, come testimonia il recente dibattito UNESCO (HUL 2011).

Il campo di indagine comprende l’Italia e la Francia –Paesi dall’antica tradizione di elaborazione teorica e legislativa sulla protezione pubblica del patrimonio– in un periodo compreso tra il 1945 e il 2015, ossia dall’inizio del dibattito sul paesaggio urbano ai problemi attuali della pianificazione.

Nell’ottica di un superamento dell’approccio settoriale tra discipline, l’analisi percorre le seguenti tappe: genealogia del termine “paesaggio urbano”; declinazioni concettuali e relazioni con le teorie sulla conservazione urbana; sviluppo dell’apparato legislativo ed eventuali connessioni con il dibattito culturale disciplinare; rapporto tra dibattito teorico e pratiche urbanistiche.

Se per la ricerca riguardante il dibattito disciplinare si è scelto di considerare come fonti primarie le principali riviste specialistiche italiane e francesi, il rapporto tra dibattito culturale e progetto è stato approfondito tramite due casi studio: Torino e Lione. Qui l’indagine ha riguardato l’elaborazione politica e tecnica in campo urbanistico, basandosi su un corpus costituito prevalentemente da fonti archivistiche.

L’intersezione delle due indagini storiche ha consentito di giungere alla ricostruzione di una nozione condivisa –seppur con tempi e declinazioni diverse– di Paesaggio Urbano come Bene Culturale, e al contempo di individuare le ragioni della sua difficile traduzione in ambito tecnico e operativo.

I dibattiti italiano e francese sul paesaggio urbano traggono origine dal dibattito inglese sul townscape, sviluppato a partire dagli ultimi anni Quaranta come reazione all’esperienza delle new towns, ispirate alle teorie della città giardino. Similmente al dibattito inglese, essi nascono parallelamente al primo bilancio critico delle  esperienze di ricostruzione nazionale, e rispettivamente del primo settennio INA-Casa (1949-1956), di ispirazione neorealista, e dei grands ensembles, realizzati dagli anni Cinquanta ed ispirati ai precetti dell’architettura moderna.

Queste esperienze, pur molto diverse tra loro, sono infatti accomunate dall’abbandono della città tradizionale, la cui unità visiva e qualità della vita vengono quindi attribuite, soprattutto, agli spazi pubblici di ridotte dimensioni e alla varietà delle funzioni. I tre dibattiti condividono pertanto l’idea che sia il contesto rigorosamente urbano il vero portatore di bellezza ed armonia.

Il dibattito italiano risulta particolarmente intenso: sviluppandosi all’interno dell’INU tra il 1957 e il 1959, esso elabora un concetto di paesaggio urbano molto innovativo e complesso, che comprende tanto la città storica quanto la città contemporanea, affidando all’urbanistica la sintesi tra esigenze di trasformazione e di tutela. Tuttavia, esso si spegne piuttosto velocemente, cedendo il passo, dal 1960, al concetto di “centro storico”, che presto si sviluppa in un dibattito autonomo, riuscendo ad ottenere riconoscimenti sul piano culturale, politico e legislativo. I motivi del suo successo sono probabilmente legati alla sua traducibilità in strumenti operativi, che è inversamente proporzionale all’evanescenza del concetto di paesaggio urbano. Quest’ultimo risulta inoltre difficilmente traducibile nella pratica urbanistica poiché, come dimostra il progetto di Giovanni Astengo per il Piano di Assisi (1955-1958), porta alla limitazione dello sviluppo urbanistico in funzione della conservazione dell’immagine originaria della città, dimostrandosi insostenibile sul piano amministrativo.

A partire dagli anni Sessanta, con la scomparsa del concetto di paesaggio urbano, si affermerà dunque, in Italia, la dicotomia tra sviluppo e tutela, quest’ultima concepita prevalentemente come vincolistica e limitata a porzioni ben definite di città.

In Francia, invece, il dibattito sul paesaggio urbano nasce solo a partire dalla metà degli anni Sessanta, ma avrà uno sviluppo più duraturo e lineare rispetto a quello italiano. Inizialmente legato alla dimensione estetica dell’art urbain, il concetto viene infatti arricchito, a partire dagli anni Settanta, della dimensione ambientale ed urbanistica. Inoltre, non venendo sostituito dal concetto di centro storico, ma comprendendolo in sé, consentirà una maggiore solidarietà tra operazioni di tutela e trasformazione. Tuttavia, sebbene anche il concetto di paysage urbain sia legato all’immagine complessiva della città, diversi architetti ed urbanisti insistono sul fatto che la sua armonia non sia data dall’uniformità ma piuttosto dall’eterogeneità, legittimando pertanto la scissione tra tutela e sviluppo e il contrasto tra città antica e moderna.

Il dibattito sul paesaggio urbano si intreccia quindi, in tutto il periodo esaminato, con il tema della monumentalità, ossia della capacità di architetture autoreferenziali e contrastanti con il contesto urbano preesistente di aggiungervi qualità di carattere estetico, percettivo e identitario.

Il dibattito sul rapporto tra città contemporanea e patrimonio urbano si re-intensifica tra gli anni Ottanta e Novanta, quando a seguito della crisi industriale le città si interrogano sulla propria identità. Dall’analisi dei casi studio emerge infatti come questo periodo costituisca una fase eccezionale per le città che, nell’intento di conoscere e valorizzare il proprio patrimonio urbano, promuovono studi tipo-morfologici che tuttavia non riescono a tradursi in strumenti di pianificazione. Quest’ultima infatti, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, tende ad essere sostituita da uno sviluppo urbanistico negoziato e per parti che, minacciando l’unitarietà del paesaggio urbano, apre alla necessità di nuove riflessioni.

Il dibattito attuale appare tuttavia discontinuo e frammentato, tanto da dover ancora superare le ambiguità concettuali e lessicali cui è soggetto il Paesaggio Urbano. Una volta ottenuta tale acquisizione teorica, esso dovrà individuare nuovi principi per la conservazione del patrimonio paesaggistico urbano, nonché risposte concrete alla questione chiave della sua sostenibilità economica.

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