Strutture per persone affette da disturbi dello spettro autistico: progettazione e valutazione del benessere ambientale Livia Porro

Ateneo
Sapienza Università di Roma

I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono interessati da un notevole aumento, ma risultano ancora deboli, nel panorama italiano, le politiche volte a soddisfare il bisogno di strutture dedicate, e, più generalmente, al supporto delle persone adulte con DSA e alle loro famiglie. Le persone che non possono contare sull’assistenza da parte della rete familiare, vengono infatti inserite, nella maggior parte dei casi, in strutture residenziali che non sono state progettate specificatamente per rispondere ai loro bisogni, e nelle quali trovano ospitalità utenti con disabilità anche molto varie. Questo impone che trascorrano una gran parte del tempo in spazi di vita che possono presentare “barriere invisibili” e risultare ragione di disagio e di esclusione.

La ricerca analizza il ruolo che l’architettura gioca nella realizzazione del benessere ambientale negli spazi dedicati alle persone con DSA e in quelli con un’utenza mista, per tutti i destinatari coinvolti. Lo spazio inclusivo, ovvero quello che è in grado di prendere in considerazione tutti i suoi fruitori e di accoglierne tutte le differenze che potrebbero essere motivo di emarginazione, e il benessere ambientale, qui inteso come l’insieme di caratteristiche che definiscono una armoniosa e positiva relazione fra le persone e l’ambiente, costituiscono il quadro all’interno del quale questo studio si inserisce, e dal quale muove per approfondire gli aspetti più specifici legati ai disturbi dello spettro autistico.

Parallelamente alle carenze rilevate nel sistema di presa in carico e di assistenza socio-sanitaria, si riscontrano alcune criticità nella cultura progettuale specifica: lo stato attuale degli studi sulle caratteristiche prestazionali che gli spazi per persone con DSA devono avere si confronta con il conflitto che esiste fra la specificità dei bisogni e dei desideri delle persone e l’universalità che necessariamente caratterizza la progettazione (e la sua regolamentazione) e che ricorre alla generalizzazione della figura del “destinatario standard”. Tale sfida risulta complessa poiché le esigenze delle persone con disturbi cognitivo-comportamentali sono spesso di difficile identificazione e formalizzazione e, in particolare, i disturbi dello spettro autistico presentano una grandissima varietà di manifestazioni nel comportamento e nella percezione dell’ambiente. Inoltre le conoscenze sulla progettazione degli spazi per le persone con DSA sono per la maggior parte frutto di esperienze operative di professionisti: mancano una trattazione organica e un’integrazione sistematica fra l’avanzamento della ricerca medica e quello della progettazione architettonica e tecnologica.
Una revisione critica della letteratura scientifica disponibile in materia ha permesso di individuare una serie di criteri generali ai quali gli spazi per persone con DSA devono rispondere, identificando gli indirizzi che raccolgono consenso unanime e le discrepanze fra i vari autori. Si sono descritte dettagliatamente le molteplici applicazioni progettuali nelle quali questi criteri possono essere declinati. Ai fini di una sistematizzazione di queste conoscenze, i criteri e le indicazioni progettuali sono stati ordinati secondo alcune classi di esigenza di riferimento – segnatamente: aspetto, fruibilità, benessere e sicurezza – come definite dalla Norma UNI 0050 (Classi di esigenza e relative definizioni).

Ulteriori informazioni sull’organizzazione spaziale sono state dedotte dall’approfondimento degli approcci terapeutici attualmente praticati con le persone con DSA. Spesso infatti i trattamenti educativi destinati alla popolazione (prevalentemente infantile) con questi disturbi, comportano la modificazione dell’ambiente di lavoro. Si sono analizzati i trattamenti ricorrenti, identificando, anche in questo caso, gli aspetti comuni e le differenze che possono avere un impatto sulle scelte progettuali.
E’ dunque evidente come per giungere a una definizione delle specifiche indicazioni progettuali si sia ricorsi a esperienze e conoscenze che afferiscono a differenti campi disciplinari. La psicologia ambientale si è resa necessaria per contestualizzare la ricerca nel dominio delle relazioni fra uomo e ambiente e della percezione degli spazi. L’approfondimento della letteratura scientifica psicologica e neurologica ha permesso di esaminare gli stili cognitivo-comportamentali e le alterazioni senso-percettive, nozioni fondamentali per intervenire nella caratterizzazione spaziale, funzionale e distributiva degli ambienti. Le criticità che caratterizzano l’interpretazione delle esigenze e dei desideri dell’utenza, che spesso rimangono inespressi o mal compresi, sono state affrontate attraverso l’analisi dei comportamenti d’uso e le interviste agli utenti delle strutture selezionate come casi di studio, ovvero operatori ed educatori, persone con DSA, quando possibile, e loro familiari.
I risultati attesi dallo svolgimento di questa ricerca sono quindi la delineazione degli indirizzi progettuali e tecnici, la cui validità deve essere ancora verificata attraverso esperimenti e osservazioni operative, e l’integrazione di tutti i criteri identificati in un unico strumento progettuale. Questo è inteso come supporto funzionale, oltre che alla progettazione tecnologica ex novo, alla lettura e all’analisi di un dato spazio costruito, in considerazione della predominante esigenza, soprattutto italiana, di trasformazione e adattamento di spazi esistenti (per una utenza specifica o generica) più urgente rispetto agli sporadici avventi di costruzioni di strutture dedicate. Affinché tale strumento possa costituire un supporto operativo alla progettazione, i criteri architettonici e tecnici saranno formalizzati in linee guida corredate da cheklists e da schede grafiche riferite ai casi di studio analizzati.

Si prevede di poter sviluppare in seguito tale strumento, ampliando le acquisizioni, attualmente disponibili relativamente alle strutture residenziali, ad altri contesti spaziali, come quelli lavorativi, agli ambienti di relazione complessi (stazioni, ospedali etc.), o agli spazi aperti. Inoltre ci si attende di poter verificare l’efficacia di questi criteri nei confronti di un’utenza più varia e ampia, con caratteristiche cognitivo-comportamentali e stili percettivi differenti.

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